violettafederico.com | Hélène de Beauvoir: Luce alla luce
La bellezza di dar Luce a una pittrice un po' dimenticata
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A sinistra: Autoritratto 1955-collez.priv.photo ch.kempf - A destra: Le lavandaie 1958

Hélène de Beauvoir: Luce alla luce

A sinistra: Autoritratto 1955-collez.priv.photo ch.kempf – A destra: Hélène col suo bouquet di pennelli e Le lavandaie 1958

Il mio incontro con Hélène De Beauvoir è avvenuto sul lungomare di Lerici l’anno scorso, facilitato dal web e sicuramente da qualche algoritmo, e quando voglio… il ritmo lo seguo! Leggevo un articolo sull’inaugurazione a La Spezia del Lia Art Hotel, il binomio Art Hotel mi aveva colpito, il concetto mi aggancia subito: un piccolo albergo con galleria accessibile gratuitamente ai cittadini e ai turisti per creare un nuovo luogo di aggregazione e cultura, tra i nomi degli artisti esposti ne vedo uno familiare, mi fermo, gli occhi fanno una giravolta, la fanno un’altra volta e dico: sarà sorella di Simone??? 

Giunge la conferma, sì, e non lo sapevamo! Perché?

Quindi, ero sulla spiaggia di Lerici quel giorno, meno sola di prima, con una storia, una scoperta in più e senza saperlo ero a poca distanza dal luogo in cui ha vissuto; infatti da lì, dal borgo di Trebiano Magra che guarda verso luoghi leggendari come la Lunigiana, le Apuane, la Versilia e il Monte Caprione davanti, il mare del Golfo dei Poeti, dove mi trovavo, Lei lo vedeva e l’ho visto anch’io quando qualche mese dopo, vi andai in spedizione. Era un venerdì di inizio settembre, mi trovavo in zona e guarda caso, proprio nel borgo di Trebiano si teneva la 1° edizione di un festival, non uno qualunque ma dedicato a una parola per me fondamentale: GIOIA.

il mare del Golfo dei Poeti da Trebiano

il mare del Golfo dei Poeti da Trebiano

Al Festival della Gioia e peraltro a Trebiano sulle tracce di Hélène non volevo mancare, così con un paio d’ore di anticipo dall’inizio ufficiale dell’evento mi sono messa in cammino e una preziosa navetta messa a disposizione mi portò da Romito Magra al borgo, fui la prima partecipante e per di più straniera ad arrivare e a essere accolta dai primi sorrisi dei volontari e dell’organizzazione nella persona di Daniela Tresconi, alla quale chiesi subito di Walter Tacchini (poi capirete perché) ma quel giorno era altrove. Fui affidata a Silvia che mi guidò nella visita della piccola e preziosa Chiesa di San Michele, dopodiché a Jacopo, altro volontario che mi condusse nella visita del borgo. Ero felice. L’anima era libera, nel suo stato di grazia, avanzavo esplorando e ogni passo conteneva il piacere della scoperta, ero lì per questo e grazie alla Luce della Curiosità e della Ricerca, sia per me che per Hélène. Immaginavo il suo sguardo che, ben prima che io nascessi ad altre latitudini italiane, dalla Francia giunse fin lì, probabilmente per i contatti che aveva con altri intellettuali come Giulio Einaudi, Italo Calvino, Luciano Bianciardi, Salvatore Quasimodo, Carlo Emilio Gadda, Mary Mc Carthy, Cesare Pavese, Alberto Savinio, Valentino Bompiani, Mario Soldati, Hanry e Peggy Craig, Carlo Carrà, Alberto Savinio, Marguerite Duras…che qui ambientò il suo romanzo “Il marinaio di Gibilterra”, oppure per qualche energia, qualche richiamo, ancora da scoprire.

“Dal basso il villaggio aveva un aspetto grandioso col suo castello, la maestosa chiesa barocca, i muraglioni a picco. Ma mi smarrii un poco prima che qualcuno mi indicasse la stretta strada che vi conduceva…Che ricompensa ritrovarmi seduta su una terrazza con mia sorella, a guardare la campagna e il mare.” (da “A conti fatti” di Simone de Beauvoir)

Ho apprezzato molto quanto ha scritto il critico d’arte Luca Traini sul suo blog, riporto degli estratti relativi alla mostra a Lei dedicata nel 2020 in provincia di La Spezia dal titolo Colore: Linguaggio Dei Sogni  Hélène, la minore delle due sorelle De Beauvoir, insieme a Simone ha saputo dimostrare come il “secondo sesso” non sia secondo a nessuno anche nel campo dell’arte. La sua carriera di pittrice, nell’unità della visione del sogno che sa in quali toni inquadrare la realtà e quali colori per liberarla, si è divisa fra Goxwiller in Alsazia e in Liguria a Trebiano in Val di Magra (SP) Hélène ha inventato la sua strada, ha deliberatamente ritrovato l’ingenuità dei primitivi che, citando Sartre: iscrivevano i loro universi su superfici piane; ma in questo spazio immaginario, liberato dalle leggi della prospettiva, lo schizzo di un fiore, di un cavallo, di un uccello, di una donna, evocano la realtà…Hélène dipingeva soprattutto sogni!

Devotes salutant un prete bouddiste - Trebiano'79

Devotes salutant un prete bouddiste – Trebiano’79

Hélène nacque a Parigi, nel 1910, due anni dopo la nascita di Simone, in una famiglia borghese segnata però ben presto dalla bancarotta del nonno materno, Gustave Brasseur, per cui vissero lunghi anni di disagi e ristrettezze economiche. La madre Françoise Brasseur aveva un’educazione cattolica e il padre, Georges Bertrand de Beauvoir era avvocato ma pare non abbia mai esercitato la professione perché più appassionato di teatro e arte drammatica. Hélène frequentò con Simone l’Istituto Désir, un istituto cattolico privato molto severo per giovani ragazze dell’alta società. La madre le portava regolarmente al Louvre quand’erano piccole e fu in quel periodo che “Hélène si rese conto di avere il talento per il disegno…in particolare disegnare corpi in movimento e amava così tanto esercitarsi al Louvre che diceva a sua madre che per lei recarsi Lì era come andare a messa” questo ce lo riporta la storica dell’arte Claire Hirner che nel 2018 Le dedicò una grande Mostra con 3000 opere facendoci notare anche un piccolo particolare, che a volte Hélène si firmava soltanto con la H per non determinare il sesso autoriale; inoltre subì uno “shock artistico” quando ricevette la copia dei famosi Racconti di Charles Perrault illustrata da Gustave Doré. Entrambe le ragazze poi si staccarono dalla pia educazione della madre con la complicità del padre che, come già intuito, aveva un carattere più aperto. Simone voleva diventare una grande scrittrice ed Hélène sognava di Essere un’artista.

In un’intervista televisiva, Hélène disse di aver scritto la seguente frase all’età di 15 anni: Semmai diventassi una grande pittrice, vorrei che ci fosse nei miei quadri una piccola nota ironica percepibile solo da me… metto spesso una piccola nota divertente nei miei quadri.

Questo ci fa capire che in Lei c’era per l’appunto, la gioia, il gioco, il colore, il calore, l’umanità, la leggerezza e al contempo la profondità e contro il volere della madre ma sostenuta da Simone, Hélène conseguì il diploma di maturità in filosofia e a 18 anni si iscrisse alla scuola di Arti e Pubblicità, si dedicò all’incisione, alla pittura (anche su vetro) e lavorò come segretaria in una galleria.

Les oiseaux migrateurs 1994

Les oiseaux migrateurs 1994

All’età di 26 anni espose per la prima volta a Parigi alla Galleria Bonjean, andò a visitarla anche Picasso che rimase molto colpito dalla sua originalità e nel frattempo aveva stretto un legame con Lionel de Roulet, studente di Sartre, che sposò a Lisbona all’età di 32 anni (non ebbero figli). Lionel era un diplomatico e per questo viaggiarono moltissimo soggiornando diversi anni in alcune di queste città: Vienna (1945), Budapest (1946), Belgrado (1946/47), Parigi (1948), Marocco (1949), Milano (1950), ancora Parigi (1957) Strasburgo (1960) ed Hélène grazie già alla sua sensibilità e umanità, ebbe il privilegio di alimentare la sua conoscenza e di nutrire la sua riflessione artistica, soprattutto durante un soggiorno in Marocco negli anni Cinquanta, che per Lei furono anni di rottura. Secondo Claire Hirner “Lì scoprì il colore puro, la luce, le zone piatte, e realizzò molti dipinti che rappresentavano le donne durante il lavoro, nel loro ambiente”.

Hélène e Lionel si fermarono a Milano per ben 8 anni (dal 1950 al 1958) e anche qui si occupò della condizione delle donne, dedicando un quadro alle mondine: le lavoratrici delle risaie, mestiere molto duro e che stava scomparendo. Espose l’opera in una mostra nel 1957 e successivamente anche in altre città come Pistoia, Firenze e Venezia. All’età di 53 anni (nel 1963) acquistò assieme al marito un’abitazione a Trebiano, il piccolo borgo della Val di Magra in Provincia di La Spezia e nel luglio del 1984 il Comune di Arcola la nominò cittadina onoraria e le dedicò una mostra.

La casa di Hélène a Trebiano Magra

La casa di Hélène a Trebiano

Walter Tacchini, grande artista locale che gli fu amico dal 1971 e tuttora ne conserva memoria e opere, ha conosciuto la sua dolcezza, la sua volontà e la sua arte nel trasferire su tela i colori e le atmosfere del Mediterraneo e della Val di Magra di cui si era innamorata. In una mostra che le fu dedicata nel borgo di Bocca di Magra, si intendeva ricordare il femminismo di Hélène mai esasperato; l’impegno politico sui grandi temi della pace, dell’uguaglianza; la sua continua ricerca del “nuovo” e l’umanità che solo i veri artisti sanno instaurare con qualsiasi interlocutore. L’artista ligure ha riportato al giornalista Marco Ferrari che «Da quando è venuta a Trebiano i colori delle sue tele sono esplosi trovando una compiutezza che prima non avevano, anche usando tonalità forti e contrastanti, con pochi intermezzi. Lei aveva capito bene la nostra natura e l’ha dipinta con gioia. Qui si liberava di tutto» e sempre lo stesso Ferrari scrive: Helene era una pittrice del mattino, del risveglio, del nuovo incontro col giorno. Bisogna immaginarsela in camicia e pantaloni davanti alla finestra di Trebiano a tradurre in astratto la concretezza del paesaggio, a trasformare la tranquilla provincia spezzina in un affresco di colori vivaci. A chi le chiedeva di spiegare la sua pittura, lei rispondeva: “Dipingo le mie collere, le mie indignazioni, le gioie”

E infatti già nel 1968, il famoso Maggio francese rappresentò per Lei un altro punto di svolta perché iniziò a mettere la sua arte al servizio del quotidiano, le sue tele sono piene di furore e di speranze. Hélène non era a Parigi, ma sosteneva il movimento attraverso l’ arte, in pochi mesi realizzò 80 dipinti delle manifestazioni che si svolgevano nelle strade della città, basandosi su ciò che le raccontava la sorella, sulle foto che vedeva e su ciò che sentiva alla radio; incontrò numerose difficoltà nel trovare un luogo che ospitasse la serie ma alla fine ci riuscì nel 1969 al Moulin Rouge, ottenendo un grande successo. Claudine Monteil, amica e biografa di Simone ed Hélène de Beauvoir, vicepresidente di “Femmes Monde” ricorda quella mostra come una testimonianza eccezionale di quell’epoca rivoluzionaria. Firmarono anche il Manifesto delle 343 dichiarando di aver abortito, la cui pubblicazione nell’aprile 1971 suscitò un grande scandalo. Claudine ricorda che durante i suoi viaggi a Parigi, soggiornava a casa di Hélène incontrando altre donne che restavano subito affascinate dalla sua energia e allegria; andarono anche negli Stati Uniti presso le cliniche sanitarie femministe della California che sua sorella Simone sosteneva, offrendo assistenza sanitaria alle donne bisognose.

Akt auf pferderücken 1956

Akt auf pferderücken 1956

Dagli anni ’70 in poi si impegnò molto nei temi legati all’emancipazione femminile che divennero importanti anche nella sua arte. A Strasburgo co-fondò un’associazione che aiutava donne vittime di violenza domestica, accogliendone alcune anche in casa propria. Nelle sue Memorie, si legge che rimase segnata da una serie di omicidi di donne avvenuti in Alsazia nel 1975; dipinse un trittico in cui vediamo donne vittime di ingiustizie per mano di uomini che le accusano: “Le donne soffrono, gli uomini giudicano”, “La caccia alle streghe è sempre aperta” e “I mortiferi”Nel 1980 testimoniò al processo contro una donna accusata di aver ucciso suo marito che la picchiava.

Ma questo non fu l’unico impegno di Hélène, si occupò di difendere anche l’ambiente, lottò contro il nucleare e sostenne il movimento del Larzac, pertanto viene ricordata come una delle rappresentanti dell’ecofemminismo degli anni ’70

Il Museo Würth (come accennato sopra, grazie alla storica Hirner) le dedicò nel 2018 una retrospettiva dal titolo: Hélène de Beauvoir, artiste et femme engagée, proprio per tutto il suo impegno morale, sociale e nell’arte. Ha realizzato dipinti a olio, acrilici, acquerelli, incisioni, disegni e collage e ovunque si impegnasse per i diritti delle donne e l’ecologia e ovunque esponesse seduceva con il suo calore, la sua gentilezza, il suo umorismo e la sua generosità.

A partire dagli anni ’70, espose in tutto il mondo: Tokyo, Bruxelles, Losanna, Roma, Milano, Amsterdam, Boston, Messico, Strasburgo, Praga, Parigi. La Word Nasse Gallery di New York propose una retrospettiva delle sue opere femministe ed ecologiste. Dipinse fino agli ultimi giorni di vita, finché ha potuto e, come accennato in apertura parlando delle sue esperienze giovanili al Louvre, la pittura per Lei era spiritualità, un atto sacro, come una preghiera e ciò rivela la sua sete di libertà e ricerca. Aveva inoltre la passione per il canto di Maria Callas, che ascoltò in Italia, e per il pianoforte di Glenn Gould, che scandiva il suo lavoro nel suo studio di Goxwiller.

Venezia

La critica d’arte Debora Ferrari pensando a Hélène, ricorda il percorso della scrittrice italiana Fausta Cialente e alle pagine dei suoi libri, sempre la Ferrari dice: Hélène mette tutta la sua forza in questi acrilici fluidi e perentori. Ancora una volta non è l’occhio a captare il mondo ma il cervello, radiotrasmittente di energia in entrata e uscita…La nostra pittrice in terra ligure si nutre di colori e narrazioni mitologiche Il suo dipingere in certi casi si avvicina al tachisme e a una certa pittura automatica, che oggi diremmo canalizzata…fatta di racconti cromatici prelevati da un sogno o diretti verso un sogno, il soggetto principale è sempre la Libertà. E’ la geografia della sua anima a raccontarsi

Un’altra artista, Rosanna Rotondi: Il mondo cromatico di Hélène de Beauvoir è totalmente evocativo, allusivo e descrittivo della sua “voce interiore”, come la chiamava Kandinsky, cioè quell’urgenza d’espressione che si trasforma in gesto pittorico, grafico e cromatico che nei suoi dipinti si ravvisano paesaggi, cieli, fiori, colori e suoni che ha visto e udito nei luoghi da lei frequentati

Hélène e la sorella – Hélène poco conosciuta – L’arte delle Donne

Le sorelle de Beauvoir anni 60 a Parigi © DR-Causette

Le sorelle de Beauvoir anni 60 a Parigi © DR-Causette

Simone fu molto complice e supportiva verso la sorella minore; quando fu professoressa associata, condivise lo stipendio con Hélène così poté assecondare la sua passione, la sua “vera vita”, quella di dipingere, di affittare uno studio a Parigi e comprare colori, tele, pennelli. Eppure, nel 1954, pare che Simone abbia espresso in una lettera a Sartre delle considerazioni sulle capacità di Hélène come artista ma più in generale sulle artiste. Nel capitolo intitolato “La Donna indipendente” (La Femme indépendante) ne “Il secondo sesso” (Le deuxième sexe), lamenta che spesso le artiste vedono il fare arte soltanto come un passatempo. Fu solo nel 1966, in occasione di un suo discorso in Giappone, che Simone iniziò a prendere le difese delle artiste e a evidenziare più che altro la mancanza di sostegno che spesso devono affrontare le donne che sceglievano l’arte come vocazione e questo cambiamento incoraggiò molto la collaborazione con la sorella, infatti nel 1968 Hélène realizzò 16 incisioni su rame per il libro di Simone dal titolo “La Donna Spezzata” (La Femme Rompue) raccolta di 3 racconti sulla condizione della donna sempre nella serie Le Deuxième sexe, il quale contiene anche opere illustrate da Sonia Delaunay, Leonor Fini, Germaine Richier, Suzanne Roger, Brigitte Simon e Ania Staritsky.

Ma quanti conoscevano Hélène? Da qualche scambio che ho avuto in giro per l’Italia e nel territorio del Levante Ligure, nello spezzino e provincia (dove per l’appunto ha vissuto) ben pochi la conoscono, ma ricordo benissimo quando ebbi la fortuna di incontrare Monica Paganini la Sindaca di Arcola (di cui Trebiano è frazione) che mi accolse davvero con gioia quando, riferendole di questa ricerca, mi invitò a visitare la sala del Comune dove sono sempre visibili, previo appuntamento, le sue opere. Ho trovato poi molte informazioni su di Lei andando virtualmente in Germania e in Francia. Hélène lasciò la sua tenuta di Goxwiller in Alsazia al gallerista Ludwig Hammer che incontrò nel 1970 e col quale mantenne fino alla fine una grande amicizia, quest’ultimo poi la cedette allo Stato nel 2013 e molte sue opere e documenti furono raccolti dalla Biblioteca di Ratisbona in Baviera.

L’Univeristà di Berlino e l’Università di Ratisbona, hanno pubblicato nel 2019 due opere su Hélène in collaborazione con la Biblioteca statale di Ratisbona, che possiede una vasta collezione di testi, foto e documenti. Un paio invece sono i libri su di Lei, mi risulta solo uno tradotto in italiano che include anche la sorella, dal titolo: “Le sorelle Beauvoir” e, nominata tra tante altre artiste all’interno del volume di Giovanna Giusti “Autoritratte. Artiste di capriccioso e destrissimo ingegno” del 2010; e un catalogo del 2018 dal titolo “Hélène de Beauvoir: artiste et femme engagée, opera riccamente illustrata, integrata da una biografia e da una selezione di opere, che colma una lacuna.

Mondine

Christine Esch autrice del catalogo disse: “è poco conosciuta oggi, perché ignorata dai museografi tranne che dal Centre Pompidou che acquistò nel 1960 La neve a Courchevel dipinto che realizzò all’età si 48 anni.” Marie France Bertrand, direttrice del Museo Würth aggiunse: “Sì, benchè fosse nata a Parigi, nel 2018 era ancora poco conosciuta nel suo stesso paese, sicché, attraverso opere raccolte principalmente da collezioni private, il museo desiderava restituire a questa pittrice che ha lasciato il segno in coloro che l’hanno conosciuta, la sua legittimità nel Paese natìo”.  Ignorata dai museografi quindi, e noi aggiungiamo: da chi scrive i testi scolastici, da chi fa ricerca…come mai? Che non ci sia curiosità? Eppure quando si fa ricerca su Simone, il nome di sua sorella appare, ma resta in disparte, perché? Perché non c’era un Sartre al suo fianco? Perché su due sorelle o fratelli è più facile che una/uno diventi semplicemente più conosciuto dell’altra?

Storia simile a quella delle sorelle Vanessa Bell e Virginia Woolf; sì, la famosa scrittrice aveva una sorella di 3 anni più grande di nome Vanessa, cambiava solo il cognome, pittrice come Hélène , alla quale La Scuola delle Donne ha dedicato un docuvideo. Entrambe, Vanessa ed Hélène definite “all’ombra” delle rispettive sorelle, eppure con un po’ di ricerca si scopre tutta la loro luce e ciò in cui si sono impegnate; avevano tratti simili: Vanessa viene raccontata come silenziosa, tranquilla, capace di ascoltare e operosa; Hélène dolce e remissiva, tant’è che ammirava in Simone la forte personalità e ne appoggiava con discrezione le battaglie sociali.

Insomma, dalle tante ricerche fatte, pare che resti marginale soprattutto la Donna che dipinge, la pittrice, la scultrice, come se la Pittura fosse più maschile rispetto alla scrittura e che il mestiere dello Scrivere abbia più probabilità di restare nella memoria, mi sorge allora un’immagine: sarà perché l’arte scultorea o pittorica è più legata all’azione, a un dover muoversi, al dimostrare forza anche fisica, potere… mentre la scrittura, che implica uno star seduti e fermi, è più da brava bambina, che non deve disturbare? Eppure quelle teste pensanti di scrittrici (e anche scrittori maschi, bada bene) si muovono ugualmente, creano, generano, e anche “pericolosamente” pur stando ferme e  questo non accade solo in Italia come abbiamo visto ma anche all’estero, dove le donne sono state pure più emancipate. Elaborando questo pensiero forse si può giungere a una pura questione di imprinting familiare ma automaticamente anche sociale, sappiamo bene quanto il condizionamento sia veloce ed efficace, dal micro al macro e viceversa. C’è comunque di fondo una discreta ingiustizia patriarcale nei confronti dell’arte femminile, una spiacevolissima mancanza di rispetto nei confronti dei lasciti delle donne artiste.

Hélène ha saputo ispirarsi a pittori come Cézanne e Sonia Delaunay che ebbe l’opportunità di incontrare e a correnti artistiche più varie allontanandosene quel tanto per costruirsi una propria identità. Il suo percorso artistico fra figurativo e astrazione si è nutrito di tutti i paesaggi, colori e ambienti che ha conosciuto viaggiando col marito. Hélène si è sempre occupata di: paesaggio, luce, colore, persone e col tempo ha sviluppato il proprio stile con la frammentazione della forma ad opera della luce, la scomposizione del movimento o la semplificazione delle linee e della linea di contorno, esplorava nuovi linguaggi artistici, i dipinti su Venezia ad esempio ci fanno capire bene i suoi sguardi geometrici, cubici e poetici. Ricevette ispirazioni decisive sotto il sole del Mediterraneo, ha attirato presto l’attenzione, poi cadde nell’ombra di sua sorella e infine ne uscì, quindi la sua è anche una storia di emancipazione.
Simone scrive in una lettera alla sorella nel dicembre 1960 che “
tous les gens qui viennent tombent en arret devant ton tableau (tutte le persone che vengono si fermano davanti al tuo quadro)” e non esagera: Hélène riesce sempre a sorprendere lo spettatore e a farlo fermare all’improvviso. Lasciò il corpo a Parigi nel 2001 ed è sepolta al Cimitero Père Lachaise.

 

FONTI

Presentazione della mostra a Riccò del Golfo (La Spezia) 2020

“Les soeurs Beauvoir” Claudine Monteil, Editions 1

“Hélène de Beauvoir lavora a Trebiano in un grande studio pieno di sole” Annalisa Tacoli per Alliance Française della Spezia

“Immer interessant Hélène de Brauvoir” Galerie Hammer Deutschland

“Hélène de Beauvoir l’artiste peintre oubliée” Radiofrance.fr

“Hélène de Beauvoir, à l’ombre de sa soeur Simone, le pinceau plutôt que la plume, féministe elle aussi” TV5 Monde

“Il y a vingt ans disparaissait Hélène de Beauvoir, artiste-peintre féministe, écologiste et sœur de Simone” Claudine Monteil per Causette.fr

“Helene de Beauvoir – Colore: linguaggio dei sogni” articolo di Luca Traini con contributi di Debora Ferrari e Rosaria Rotondi estrapolati dal piccolo catalogo TraRari TIPI dedicato alla suddetta mostra.

“La Scuola delle Donne” per la quale collaboro mi ha permesso di dare avvio a questa ricerca, modificata e approfondita per l’articolo